30 Apr Teatro Terapeutico
E’ nota fin dall’antichità l’importanza dell’attività artistica nella regolazione della sfera emozionale e nel miglioramento del benessere psicofisico. L’arte è in grado di rappresentare l’irrazionalità del mondo emotivo.
Molti autori si sono cimentati nell’interpretazione della funzione dell’arte nella vita psichica degli individui. Freud identificò l’arte come un meccanismo di “sublimazione” capace di esprimere le pulsioni in modo socialmente accettato. L’energia istintuale troverebbe nell’opera d’arte un canale di sfogo soddisfacente, eliminando le dinamiche conflittuali che stanno alla base del rapporto fra pulsione e realtà. Melanie Klein analizzò l’atto creativo inserendolo all’interno del concetto di “riparazione”, inteso quindi come attività volta a placare il senso di colpa derivante dal pensiero di aver distrutto l’oggetto d’amore. In quest’ottica l’attività artistica non scaturisce quindi da uno spostamento di energia ma da un tentativo di ricongiungimento con uno stato di benessere perduto. In maniera non dissimile dalla Klein, Winnicott vide il processo creativo come l’elaborazione delle emozioni conseguenti ad una perdita. Gli “oggetti transizionali”, che appaiono nella vita del bambino mano mano che si concretizza la separazione dalla madre, appartengono sia al mondo interno sia a quello esterno e si muovono in uno “spazio potenziale” in cui è possibile esercitarsi e confrontarsi con la realtà attraverso le rappresentazioni simboliche. L’arte si muove all’interno di questa area intermedia e permette sia di non essere sopraffatti totalmente dal proprio mondo immaginativo sia di non aderire completamente alla realtà esterna.
Più recentemente Susan Langer, filosofa dell’arte, individua nell’attività creativa la possibilità di esprimere e portare fuori da sé i sentimenti e le sensazioni per essere in grado di contemplarli e di capirli. Con l’arte usiamo un canale espressivo per quella vita interiore che sarebbe difficile esprimere attraverso il linguaggio e il pensiero discorsivo, che sono dominati da regole strutturali rigide.
Nell’ambito del benessere psicofisico le attività artistiche, pittura, musica, teatro vengono largamente utilizzate per dare la possibilità alle persone di esprimersi attraverso canali comunicativi differenti. Il teatro, in particolare offre uno spazio in cui fare esperienza di sé e delle proprie relazioni.
Il teatro nasce come metodo riabilitativo e curativo intorno agli anni ’70. Numerose esperienze in campo psichiatrico confermano che l’attività teatrale è un valido metodo di facilitazione relazionale, di interazione di gruppo e di presa di coscienza della propria complessità. I linguaggi utilizzati nella “messa in scena” sono quelli propri della comunicazione umana: corporeo, vocale e mimico-gestuale.
Il teatro offre alle persone la possibilità di sperimentare in un ambiente contenitivo e protetto questi linguaggi. Inoltre attraverso il processo teatrale la persona può migliorare la conoscenza di sé grazie alla possibilità di giocare ruoli diversi; grazie all’immaginazione e alla creatività può imparare a riconoscere le proprie emozioni e a esprimerle. L’aspetto dinamico che lega l’attore al personaggio favorisce l’accesso ad una realtà illusoria che diventa reale tramite l’attività corporea. Lo spazio di finzione permette di vivere le emozioni in un’ottica metaforica del “come se…”, rendendo la sperimentazione del sé meno “pericolosa”.
Lo psicodramma ideato da Moreno nel 1922, consente alla persona di esprimere, attraverso la rappresentazione sulla scena, i diverse aspetti della propria vita e i ruoli che gioca nelle relazioni e nei diversi contesti. Lo psicodramma da il via alla nascita dei metodi “attivi” in psicoterapia, basati sul “fare” oltre che sul “dire”, e che utilizzano il linguaggio del corpo come mezzo espressivo. Attraverso l’attività teatrale la persona può proiettare nel dramma in atto sulla scena i propri sentimenti distonici e all’interno di un contesto di finzione e di gioco può osservarli ed elaborarli. In questo senso i vissuti emotivi sono reali ma si esplicano in una realtà simbolica.
Il teatro comporta una sorta di simulazione della realtà, in cui quest’ultima viene ricreata e manipolata, proprio come avviene nel gioco simbolico.
Questo concetto è stato esplicitato da Aristotele, che concepiva il teatro come cura dei tormenti dell’anima, attraverso la mimesi (imitazione) e la catarsi (katharsis: purificazione attraverso le emozioni). La crescita personale passa attraverso ciò che si patisce e non si riesce a trasformare e a cui non si riesce a dare nuova forma.
La possibilità di drammatizzare i propri vissuti, all’interno di un gruppo terapeutico che sostiene e facilita, è l’occasione per fare esperienza di parti di sé con cui sarebbe difficile entrare in contatto. La qualità di questa esperienza solitamente è tale da permettere una presa di consapevolezza dei propri modi stereotipati di agire nel mondo, permette di far emergere le parti interne poco ascoltate che acquistano nuovamente voce permettendo quel movimento interno che libera dalle rigidità comportamentali e che favorisce il sano fluire delle esperienze.
BIBLIOGRAFIA:
– Dotti L. (1998). Forma e azione: metodi e tecniche psicodrammatiche nella formazione e nell’intervento sociale. Milano: Franco Angeli Ed.
– Lauretta L. (2011). Il “Teatro metaforico” e la riconfigurazione del mondo interno. In Formazione Psicoterapia Counselling Fenomenologica “Tra l’Io e il Tu” Giugno- Dicembre 2011
– Moreno J.L. (1996). Gli spazi dello psicodramma. Roma: Di Renzo
-Winnicott D., (1974) Gioco e realtà. Roma: Armando Ed.
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